francesco rampichini
VETERES FABULAS

di  Angela Molteni

Molto gradevole, interessante, ricco di riferimenti colti l'ultimo Cd realizzato da Francesco Rampichini, Veteres fabulas, una selezione di suoi brani, prodotto da Cadalo nel 2009.

Si tratta di musica che si inserisce nel filone classico contemporaneo, un genere al quale Rampichini si dedica da oltre vent'anni. Vi sono qui elementi nuovi della sua ispirazione artistica, riconducibili principalmente, ma non solo, alla sua perizia di chitarrista e allo studio e alla pratica della musica contemporanea che egli conduce da decenni, e anche al suo approfondimento della composizione elettronica, nonché della  percezione musicale attraverso l'ideazione dell'Acusmetria,
che lui stesso definisce «codice delle proporzioni geometriche percepite uditivamente nella rappresentazione acustica della prospettiva spaziale».

Per approfondire la definizione di Acusmetria sintetizzata da Francesco Rampichini e comprenderne appieno il significato, aggiungo che nel 2004 il musicista - allora anche professore incaricato al Politecnico di Milano, Facoltà di Design - pubblicò con Franco Angeli un libro sulle sue affascinanti intuizioni, corredato da un Cd-rom (Acusmetria. Il suono visibile, i cui contenuti sono prodotti dallo stesso autore) e arricchito da due scritti di Ettore Lariani e Marco Maiocchi. Un libro che consiglio vivamente a tutti coloro che intendono approfondire applicazioni e prospettive della percezione acusmetrica che si rivelano nella composizione, nel design, nell'architettura e nelle tecniche di comunicazione.

L'Acusmetria è ampiamente presente nella composizione dei brani presentati in Veteres fabulas: Francesco Rampichini dà prova di indubbie capacità e di profonda sensibilità, offrendoci dodici brani, ciascuno dei quali da ascoltare e da vedere, poiché una caratteristica rilevante della sua musica è quella di riuscire a trasmettere sensazioni, emozioni e immagini che vanno molto aldilà di quelle che possono essere definite semplici funzioni narrative e uditive.

Così, per esempio, il brano intitolato Spondeo di Milos gioca sostanzialmente su note lunghe (appunto come lo spondeo nella metrica classica si forma con la successione di due sillabe lunghe) che bene richiamano la visione di un cielo stellato o del movimento del mare, che a me è parso sereno e pacato, che circonda Milos.

I suoni del Tlac tlac che rimbalzano nel pezzo dal medesimo titolo, sono suggestivi ed esotici, e restituiscono echi pressoché sconosciuti alla nostra cultura.

Checkpoint Baghdad richiama sparatorie ed episodi di violenza che si sono svolti soprattutto nella capitale dell'Iraq martoriata dalla guerra e che non sono cessati dopo l'annuncio di Barack Obama che la missione in Iraq è ufficialmente terminata alla fine dello scorso agosto. Una situazione che la musica esprime molto efficacemente, inducendo nell'ascoltatore profonde sensazioni di tensione, di timore, spesso di drammatica impotenza.

E ancora: i suoni del Cantiere sono estremamente realistici. Vi ho ritrovato soltanto accenni che in alcuni passaggi mi hanno un po' allarmato: quelli che parevano annunciare il  purtroppo frequente precipitare da una impalcatura. Il ritmo dei lavori in quel cantiere, forse, è un po' troppo elevato, o perlomeno così l'ho percepito attraverso l'ascolto musicale, aldilà forse delle stesse intenzioni del compositore.

La raccolta contenuta nel Cd contiene in molti casi brani che Rampichini ha composto in occasioni e momenti diversi, per commentare, e integrare da par suo, installazioni ed esposizioni, così come azioni teatrali.

I primi casi sono quelli di Pyke theme, registrato in scena con Massimo Popolizio: un brano che si avvale della chitarra e di elementi elettronici particolarmente suggestivi. E di Saltare l'altare, in cui, partendo da un semplicissimo tema di quattro suoni bene articolati e distinti - due nel registro alto, altrettanti in quello basso del pianoforte -, si instaura un dialogo serrato, a mano a mano sempre più complesso, tra pianoforte e flauto a cui si aggiunge anche la voce calda e decisa di un clarinetto. Due composizioni destinate ad altrettante pièces teatrali di Valeria Patera rappresentate rispettivamente a «Bergamo & Scienza 2006» e all'Auditorium di Roma, Sala Sinopoli, al debutto del «Festival della Filosofia 2007».

Un altro aspetto della creatività del musicista al servizio del teatro si rivela in Veteres fabulas, che dà il titolo all'intera raccolta presentando quale voce recitante quella di Giorgio Albertazzi. La composizione del commento musicale è stata commissionata nel 2001 a Francesco Rampichini per l'ambientazione permanente del Teatro Romano della Camera di Commercio di Milano. La performance del grande attore si realizza tramite il Prologo, aggiunto dopo la morte del poeta a un testo di Plauto, intitolato a un nome di donna, Casina. In tale Prologo il narratore saluta gli spettatori e si compiace del loro desiderio di vedere antiche commedie (Veteres fabulas, appunto), in particolare quelle di Plauto. Presenta dunque una fabula plautina che al suo debutto ottenne - insieme a Miles gloriosus, di cui a me piace ricordare la versione italiana (Il vantone) realizzata da Pier Paolo Pasolini - un grande successo di pubblico. Efficace e fantastico, infine, ciò che Rampichini spiega: la presenza nel luogo espositivo dei sensori di presenza, la cui interazione è sempre differente rispetto ai diversi passaggi delle persone che visitano la mostra stessa.

Anche i brani ispirati a opere letterarie o di arte figurativa hanno una rilevanza notevole nel Cd di Francesco Rampichini.

D'abord, il primo dei dodici brani, è ispirato all’epitaffio di Marcel Duchamp («D'altronde, sono sempre gli altri che muoiono»). L'attacco del pezzo mi ha fatto venire in mente gli Studi sinfonici di Robert Schumann e molto probabilmente l'associazione è data dalla struttura ritmica martellante e coinvolgente, che dà un senso di drammaticità ma che costituisce anche in un certo senso uno sberleffo per l'ascoltatore, un gesto che certamente lo stesso Duchamp avrebbe apprezzato. Molto più che pittore, Duchamp ha ideato l'«arte concettuale», creato i «ready-made» ed è considerato un rappresentante del Dadaismo e del Surrealismo; noto per gli esperimenti di casualità che inseriva nelle sue creazioni artistiche: un esempio spesso ricordato è quello delle composizioni musicali alle quali si dedicava, come in un gioco, estraendo a sorte i nomi delle note musicali dal cappello. Di tutto questo, e della genialità di Duchamp, il brano di Rampichini rende ampia testimonianza.

Rampichini si richiama, con In a sacred manner I live, a un tema degli indiani Lakota. Il compositore dedica questo brano a Dee Brown, scrittore che ha consacrato ai nativi d'America le sue pagine più significative, riscrivendo la loro storia e contribuendo alla riscoperta di valori e tradizioni, di spiritualità e magia che traspaiono dalla sua narrazione che per la prima volta nella storia dà la parola a grandi capi e oscuri guerrieri di un popolo che venne distrutto insieme al mondo in cui viveva. Molto insistiti e rappresentativi, nella musica di Rampichini, gli interventi percussivi che descrivono l'ambiente e permettono di percepire la spiritualità delle genti che hanno abitato le sterminate praterie americane.

Una sensazione di mistero allucinato è quella che si prova all'ascolto della musica di Spectra per la presentazione di un Dvd sulla pittura di Adi Da Samraj, avvenuto durante la mostra del pittore (febbraio-luglio 2008) dal titolo Realismo Trascendentale tenutasi a Firenze, Cenacolo di Ognissanti. Il titolo della composizione si richiama a un'opera che Adi Da Samraj ha presentato (e riversato anche in un libro), The Spectra Suites, del 2007. «L'arte deve rigenerare il senso di benessere. Questo è il suo vero scopo», ha scritto il pittore-guru americano. E nella musica che ha accompagnato le sue splendide immagini sono contenuti anche questo principio e questo proposito. È stata la prima volta in cui una mostra d'arte contemporanea - comprendente la pittura di Adi Da Samray e la musica di Francesco Rampichini - ha realizzato un contatto diretto con l'affresco del 1488 dell'Ultima Cena di Domenico Ghirlandaio. Penso che il brano di Francesco Rampichini sia stato in grado di illustrare - aldilà delle opere figurative di Adi Da Samraj - anche l'evento, magico, misterioso e drammatico di quell'ultimo convito.

Georama è un brano che si ispira totalmente all'Acusmetria. Francesco Rampichini dice tra l'altro della propria composizione «L’armonia risulta da disposizione e intersezioni dei poligoni che vi compaiono». L'autore crea le sue forme geometriche seguendo sostanzialmente i principi sonori e spaziali da lui stesso definiti qualche anno fa con il neologismo Acusmetria. Fin dalle prime note si percepisce la sensazione visiva delle sue figure geometriche. Poi le figure rappresentate si sviluppano e si compenetrano con crescente convinzione e con una certa regolarità. Tutto avviene anche grazie al suono, in alcuni momenti molto potente, della chitarra suonata dallo stesso Rampichini.

Una nota particolare merita Suite in Re(space). Francesco Rampichini sperimenta qui la musica concreta, pratica che consiste essenzialmente nella registrazione di suoni tratti dall’ambiente che vengono poi variamente manipolati, tagliati, filtrati, e poi riproposti in una nuova rielaborazione. L'autore stesso indica le sue fonti sonore in «seghe a nastro, forbici, essiccatori, aria compressa, carrelli, cucitrici». Di norma in questa manipolazione il rumore originario risulta irriconoscibile, ovvero viene tagliato il rapporto «normale», «quotidiano» tra il fatto acustico come tale e la cosa o la situazione nella quale esso è stato generato. Alla musica concreta fa esplicito riferimento Levi Strauss quando osserva che essa «si assoggetta al confronto diretto con certi dati naturali», adoperandosi anzitutto a «disintegrare il sistema delle significazioni attuali o virtuali (cioè quotidiane) in cui questi dati figurano a titolo di elementi». La musica concreta compie dunque, sul piano musicale, esattamente la stessa operazione che la pittura astratta compie sul piano pittorico. La pittura astratta infatti elimina la relazione tra forma e colore, proponendo dati naturali sulla tela: in questo modo la pittura astratta cerca di fare a meno della «organizzazione dell’esperienza sensibile tra oggetti». Lo stesso meccanismo si riproduce, in musica, all'interno del materiale sonoro, quale che sia. A me pare che Francesco Rampichini, in questo brano, sia pienamente riuscito in questa originale impresa creativa.

Infine, una notazione complessiva su Veteres fabulas. Malgrado i brani contenuti nel Cd siano attribuibili - come precisa lo stesso compositore - a momenti diversi della sua attività creativa, vi ho riscontrato una unitarietà di stile, un rigore formale e un senso del ritmo che sono le caratteristiche essenziali  della sua scrittura musicale. Il tutto, sapientemente intrecciato con una ispirazione e una sensibilità che fa sì che la percezione musicale delle sue composizioni non lasci indifferente l'ascoltatore - come spesso accade, purtroppo, con opere contemporanee - ma susciti emozioni, riveli immagini che coinvolgono nel profondo chi ne fruisce.

Angela Molteni

(13 settembre 2010)